venerdì 11 marzo 2011

> di duecentotrentasei.


11/03/2011 03.13 AM


E' inutile sbracciarti, sono inutili i segnali di fumo e i barbecues irlandesi e il rum per prendere a schiaffi le inibizioni sulle poltrone lise che si trasformano in letti d'ospedale la domenica mattina.

Mi fai ridere quando fai così, quando mi tiri fuori la parte sentimentalista che io ingoio, ma che poi ti vomito addosso. E mi fanno ridere i duecentotrentasei km di Brondi quando le mie distanze sono più del triplo di duecentotrentasei km.

Perché mi sembra proprio che noi siamo il tipo di gente che si infila sempre nelle situazioni più inverosimili, nei futuri senza città, nei progetti improbabili. Noi siamo quelli dei problemi inesistenti, delle motivazioni forzate, della razionalità necessaria e devastante. Io sono quella che si brucia i capelli all'inferno mentre cerca di accendere una sigaretta. Tu quello che scava nelle mie idiosincrasie e ne tira fuori il meglio e mi studia le labbra e mi sussurra il mio nome, per ricordarmi che è lì con me.

Vorrei che il numero delle notti insonni nei bus, nelle pagine fosse minore di quello delle notti di pensieri allucinati dall'adolescenza passata che svisceriamo, che rinneghiamo. E pensa a quello che siamo diventati e stupisciti, perché io non credevo che oltre a me esistessero altre persone meravigliosamente interessanti. Maledettamente lontane dai passanti.

Perché io non so se riusciremo ad essere di nuovo così vicini, io non sono sicura che non perderemo orgasmi per strada, che non ci tradiremo con gli illusionisti del venerdì sera. Che non mi ruberai le idee, che non mi farai tremare.

Vorrei solo che restassimo umani come quando ci siamo incontrati, che non ci perdessimo dietro le convenzioni e i protocolli sociali delle coppie per strada.

Che non è facile come le altre volte, che le parole le devo prendere per i capelli per potertele scrivere, che ho paura che tu mi scambi per una donna che non sono.

Sei il primo che non ho costruito io, sei il primo uguale a come immaginavo, sei il primo per tante situazioni che non ho la voglia di rievocare.

E intanto riempiamo i fogli di conti alla rovescia, dei valori inflazionali dei pensieri che ci dedichiamo.

E intanto rinneghiamo le coincidenze, come se ci saremmo incontrati comunque, perché siamo troppo affini per poter pensare che non saremmo riusciti ad entrare nello stesso pub, sederci allo stesso tavolo.


Ti prego, annega nel lago dei miei occhi e bevi le mie parole.

Anche se poi non tornerai.


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